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un ospedale è una casa per l’uomo un ospedale è una casa per l’uomo
Dal 3 settembre al 23 novembre 2014 una mostra a Palazzo Ducale affronta il tema dell’architettura degli ospedali contemporanei e dell’esigenza di una dimensione più umana nella progettazione sanitaria.

un ospedale è una casa per l’uomo“Un ospedale è una casa per l’uomo, come l’abitazione è la casa per l’uomo“ Le Corbusier a proposito del suo progetto per l’ospedale di Venezia, 1964

Gli ospedali di oggi devono soddisfare le sempre più complesse necessità del loro stesso organismo e allo stesso tempo assecondare i bisogni specifici dell’uomo. Quali sono le tipologie e l’architettura in grado di rispondere a queste esigenze?

Due case, sei ospedali, sei risposte.

Nel 1964 Le Corbusier viene chiamato a Venezia per progettare nell'isola un nuovo ospedale. Visita la città che vuole vedere anche dalla Laguna. Farà alcuni schizzi nel suo taccuino che raccontano con immagini ed evocazioni il suo intento: vuole legare il progetto al tessuto della città e vuole che il modo di abitare così caratteristico di Venezia diventi anche quello del suo ospedale. Non è solo un omaggio ad una città così singolare.

Le Corbusier coglie qualcosa che per lui ha valore universale: la malattia appartiene alla vita e va abitata così come si abita la propria casa.

In una lettera indirizzata a Carlo Ottolenghi scrive: “un ospedale è una casa per l’uomo come l’abitazione è la casa per l’uomo”.

Un’affermazione densa di significati, scelta ora da Silvia e Reto Gmür quale emblematico titolo della mostra che, dal 3 settembre al 23 novembre 2014 a Palazzo Ducale a Venezia, affronta il delicato tema della moderna edilizia ospedaliera – di grande interesse anche nel Veneto alla luce dei tanti fronti aperti in questo settore - attraverso una selezione di progetti firmati dallo studio degli architetti svizzeri in un confronto diretto con il modo in cui è oggi possibile ripensare non solo gli spazi per la malattia ma anche quelli per l'abitare.

La mostra, promossa dal Mibact-Direzione generale per il paesaggio, le belle arti, l’architettura e l’arte contemporanee, tra le iniziative istituzionali in occasione della Biennale di Venezia e dalla Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Venezia e laguna, introduce quindi nella 14ima Mostra Internazionale d’Architettura un tema tornato di grande attualità a fronte dell’allarme, lanciato da più parti, di un impoverimento sempre più pericoloso delle architetture per la malattia in relazione soprattutto ai bisogni specifici dell’uomo e della necessità, in quest’ambito, di “un nuovo umanesimo”.

Gli ospedali contemporanei devono soddisfare le sempre più complesse necessità del loro stesso organismo - funzionalità, alti livelli tecnologici, ricerca – ma nello stesso tempo devono assecondare i bisogni specifici dell’uomo, tenendo conto di una dimensione pubblica (luogo della comunità) e privata (luogo della privacy).

Eppure nelle molte storie dell’architettura del Novecento sono pochissimi i casi significativi di ospedali, quasi che il tema non abbia avuto in sé un valore architettonico e che la malattia, il dolore, l’attività terapeutica non potessero esser oggetto di riflessione architettonica ma solo di decisioni tecnico funzionali.

Silvia Gmür Reto Gmür Architekten, che hanno al loro attivo importanti progetti in diversi Paesi e in particolare edifici residenziali pubblici e privati, scuole, università, laboratori, edifici commerciali, ospedali e piani urbani per siti ospedalieri, propongono con questa mostra, già ospitata all’Università di Harvard e destinata a Parigi, una loro riflessione sulle tipologie e le architetture capaci di rispondere alla difficile sintesi tra “dimensione funzionale e dimensione poetica, tra tecnica e speranza” - come l’ha definita Roberto Masiero prof. Ordinario di Storia dell’Architettura all’Università IUAV di Venezia.

“Più mi addentro nelle esigenze degli ospedali e nelle sfide della loro progettazione – scrive Silvia Gmür (1939), alla quale dal 2002 al 2005 è stata affidata anche la presidenza della Federazione degli Architetti Svizzeri (FSA) - più forte si fa la mia convinzione che stiamo lavorando con una medicina altamente tecnologizzata all’interno di strutture antiquate. Non mi riferisco al loro aspetto, ma alla loro essenza”.

In mostra sono esposti i progetti di sei strutture ospedaliere - L’ospedale di Soletta, Gli Istituti di Patologia e Medicina Legale a San Gallo (per altro primo laboratorio in Svizzera ad essere certificato con gli standard Minergie-Eco, un marchio ecologico di grande importanza nel Paese), L’ospedale di Zollikerberg, L’Ospedale dell’Università di Basilea, L’Ospedale per bambini di Losanna e il più recente Ospedale per bambini Biolstanbul in Turchia - e due progetti di abitazioni: le due case nel Mar Egeo e la Casa ai Pozzi a Minusio in Svizzera.

In un prezioso allestimento, i modelli lignei e le immagini degli edifici e degli ambienti interni mostrano come l’architettura ospedaliera possa integrare funzioni e valori, ricreando una connessione dell’ospedale e del malato con la comunità e la realtà urbana e naturale in cui è inserita; ponendo attenzione alla vivibilità e al benessere fisico e psicologico nella scelta dei materiali, della dimensione luminosa, della centralità dell’essere e talvolta evocando le caratteristiche di una residenza familiare, l’idea di abitazione.

Forse Le Corbusier avrebbe approvato.

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