Area Ricerca Scientifica - Foto AIAT Trieste Guida alla città di Trieste
Dopo chilometri di territorio pianeggiante, il paesaggio cambia e l'occhio si risveglia: arrivano i tratti frastagliati, le prime formazioni carsiche a picco sul mare, ed è proprio qui che inizia il territorio della provincia di Trieste.
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Uscendo dall'autostrada al Lisert e percorrendo la strada statale che porta a Trieste, vicino all'antica chiesetta di San Giovanni in Tuba (a San Giovanni di Duino), si segnala il primo sito di interesse naturalistico: la foce del fiume Timavo.

Il Timavo, che nasce dalle pendici del monte Nevoso, all'altezza del paesino di San Canziano sprofonda in una e vera propria voragine e comincia il suo percorso sotterraneo, lungo 35 km. Qui a San Giovanni riemerge e il luogo è talmente suggestivo che colpì persino la fantasia di Virgilio che lo citò nell'Eneide. Qualche chilometro dopo, sempre nella direzione di Trieste entriamo nel comune di Duino Aurisina dove si segnala, oltre al paese di Duino e al Castello, il Sentiero Rilke.
Il Sentiero Rilke deve il suo nome al poeta praghese (ma austriaco di nascita) Rainer Maria Rilke che soggiornò nel 1911 e 1912 presso il Castello di Duino, ospite dei Principi della Torre e Tasso: vuole infatti la tradizione che Rilke soffermandosi lungo tale percorso abbia avuto ispirazione delle sue “Elegie Duinesi”. Il sentiero si sviluppa per 2 km in un magnifico ambiente naturale situato tra Duino e Sistiana. Percorrendo si ha modo di camminare in zone boschive e di gustare superbi panorami dal ciglio di una costa alta, a dirupo sul mare. Una volta lasciati Duino e Sistiana si può arrivare a Trieste percorrendo la bella Strada Costiera, una ventina di chilometri fra roccia bianca carsica e mare.Panorama di Trieste dal Carso

Alle spalle del comune di Duino Aurisina, si estende quello di Sgonico su una superficie di 32 kmq; del comune di Sgonico fanno parte dodici frazioni. Vanno menzionati i resti di una chiesetta sul Monte San Leonardo che risalgono ai primi insediamenti cristiani. Di notevole interesse è anche la suggestiva chiesetta di Samatorza, del XVIII secolo, immersa nel verde. Il comune ha conservato un aspetto prevalentemente rurale di cui l'espressione caratteristica sono i numerosi agriturismi e le “osmizze” la cui origine risale ai tempi dell'Impero Austro-ungarico, quando l'imperatore nel 1784 concesse ai contadini il permesso di vendita diretta di vino e di alcuni prodotti per un periodo di otto giorni. Nelle osmizze e negli agriturismi, che vengono indicati da una frasca di edera appesa lungo la strada, nelle vicinanze e davanti la casa, si possono degustare e comperare i prodotti tipici della zona. 
Nel comune di Sgonico si trova anche il Giardino Botanico “Carsiana”, fondato nel 1964 su iniziativa di un piccolo gruppo di studiosi ed appassionati della flora carsica. Il giardino si trova nel comune di Sgonico, a 18 km da Trieste, sulla strada provinciale che collega Gabrovizza a Sgonico. La località è stata scelta per le sue caratteristiche naturali, che ripropongono il tipico ambiente carsico, con un'ampia dolina, pozzi naturali e fenomeni di carsismo superficiale. Il nome “Carsiana” venne scelto perchè l'intento era quello di raccogliere e conservare le specie vegetali più significative del Carso.

A “Carsiana” si ritrovano quindi gli aspetti più tipici del paesaggio carsico, quali la landa, la boscaglia e il sottobosco, la dolina, la vegetazione rupestre e dei ghiaioni.A Borgo Grotta Gigante è situata la Grotta Gigante che rappresenta un'eccezione nell'ambito dei fenomeni carsici. La caverna centrale infatti, interamente percorribile, ha proporzioni notevolissime: 380 m di lunghezza, 65 m di larghezza e 107 di altezza. All'ingresso della Grotta si trova il Museo Speleologico con un'interessante documentazione sulla storia della speleologia triestina.
Monrupino è un'altra delle mete turistiche conosciute: dalla cima della collina si può infatti ammirare un ampio panorama del Golfo di Trieste. L'abitato è dominato dalla Rocca, che prima fu un importante castellier preistorico, poi castellum fortificato romano e infine fortezza contro i Turchi. Nel 1512 fu edificata la chiesa dedicata alla Beata Vergine Assunta che in seguito divenne Santuario.Il luogo è anche sede, ogni due anni, delle “Nozze Carsiche” che durano quattro giorni e che si svolgono ad agosto. Si segnala inoltre la “casa carsica” di Rupingrande, una casa museo che risale all'Ottocento e che conserva intatte tutte le caratteristiche architettoniche tipiche della tradizione rurale del Carso.
Dal comune di San Dorligo della Valle dipendono 33 frazioni; in questo centro, situato vicino all'altopiano di San Servolo, vi è una chiesa in stile barocco con un campanile della fine del Settecento. Bisogna inoltre citare la piccola e graziosa Chiesa di San Martino, dotata di una facciata esemplare per semplicità ed equilibrio delle proporzioni.
La zona è fortemente connotata della presenza della Val Rosandra, una valle nata dal fenomeno di erosione provocato dal torrente Rosandra, fascinoso corso d'acqua che possiede un percorso particolarmente movimentato. Corre veloce lungo i rapidi pendii formando cascatelle, pozze d'acqua trasparente e dolci flussi.
La valle possiede bianche e imponenti pareti meta di numerosi sportivi e scalatori. Numerosi sono i sentieri che la percorrono; inoltre vi è la presenza di un antico acquedotto romano costruito per l'approvvigionamento idrico dell'antica Tergeste. Si tratta di un canale fatto di pietre e materiale laterizio che dopo aver fatto confluire le acque dalla Val Rosandra e da Bagnoli le portava fino al centro cittadino.

Nell'estrema zona sud-orientale della provincia di Trieste, racchiuso tra il confine della Slovenia, il vallone di Muggia e il golfo di Trieste, si trova il comune di Muggia, zona turisticamente rilevante. Il suo territorio, delimitato da una costa di oltre 7 km e da una concatenazione collinare con i monti Castellier, San Michele, Monte d'Oro, che dominano panoramicamente un vasto territorio sia italiano che della costa istriana, è caratterizzato da un'estesa vegetazione carsico istriana. Duomo di Muggia - foto Maurizio Valdemarin
Muggia mantiene ancora oggi eloquenti tracce della sua antichità: un importante castelliere preistorico sul Monte Castellier (Santa Barbara), la Basilica di Muggia Vecchia (IX secolo) in cima al colle, unica testimonianza, insieme ai resti delle mura, di un passato romano (castrum) e medievale. Prima del Mille venne edificato un nuovo borgo sul mare, chiamato prima Borgolauro e poi Muggia, da un antico toponimo che significa “palude costiera” La nuova città dopo la metà del Duecento si costituì a Comune. Di quest'epoca sono il Duomo e il Palazzo del Comune, ricostituito nel Novecento. Passata infine nel 1420 sotto Venezia, Muggia condivise le sorti della Serenissima, e della secolare comunanza di vita, di interessi e di costumi la cittadina conserva impronte evidenti: il dialetto, le tradizioni gastronomiche, lo stile architettonico gotico-veneziano. Confortevoli e ombreggiati gli stabilimenti balneari di Muggia e dei dintorni, gli ampi attrezzati camping oltre al porticciolo sito nella località di S. Bartolomeo. Inoltre da qualche anno è attivo Porto San Rocco, nuovo centro nautico da diporto.
Tra le manifestazioni che caratterizzano la vita socio-culturale della cittadina primeggia il coloratissimo Carnevale muggesano, che coinvolge l'intera popolazione impegnata nell'allestimento dei carri allegorici e nella realizzazione dei sontuosi costumi della sfilata.

Il Carso – fauna e ambienti
L'altopiano carsico riveste una grande importanza naturalistica sia per motivi geologici che biologici. Partendo dalla fascia costiera, esposta a sud-ovest, grazie all'azione mitigatrice del mare troviamo un tipico ambiente mediterraneo, caratterizzato dalla presenza di endemismi quali la centaurea fronzuta e da sempreverdi come il leccio, l'alloro e la fillirea.
Il Carso, prima di distendersi verso l'altopiano interno, si eleva formando un ciglione che costituisce una barriera climatica. Ciò determina una maggiore continentalità del clima dell'altopiano, favorendo la crescita di essenze illirico-balcaniche, che vanno a costituire le tipiche boscaglie formate da cerri, roverelle e roveri, alle quali si accompagnano altre latifoglie quali il carpino nero, l'orniello, l'acero campestre, il corniolo e il nocciolo. Questi ambienti sono il regno del capriolo mentre, tra i carnivori, si annoverano la volpe, lo sciacallo dorato, il tasso e qualche raro gatto selvatico. Tra gli uccelli da preda nidificano nelle zone del bosco l'astore, la poiana, lo sparviero, il gufo comune e l'assiolo.

Il taglio delle antiche foreste carsiche, iniziato già in epoche preistoriche, accompagnato poi dall'utilizzo a pascolo delle zone aperte così ottenute, ha prodotto la formazione di un ambiente particolarmente discontinuo, apparentemente brullo e povero, che prende il nome di landa carsica. In essa spicca la presenza di piante spinose come il ginepro e l'eringio ametistino, o velenose come le euforbie, che non venivano brucate dagli animali. L'altopiano carsico si presenta ricco di doline, avvallamenti chiusi e talvolta imbutiformi, che costituiscono delle vere “trappole” per l'aria fredda, tanto che il cosiddetto “bosco di dolina” è costituito prevalentemente dal carpino bianco, mentre il sottobosco presenta molte specie che abitualmente troviamo nelle faggete del piano montano.

Il Carso è noto anche per le sue numerose grotte e caverne che costituiscono un interessante mondo sotterraneo.
Attualmente la grotta di maggiori dimensioni è la Grotta Skilan, che si apre nei pressi di Basovizza. E' profonda 378 metri e si sviluppa per oltre 6 km. Due sono invece gli abissi che ci permettono di raggiungere un ambiente fluviale sotterraneo: la Grotta di Trebiciano, presso il paese omonimo, e la Grotta Lazzaro Jerco, nei pressi di Monrupino. Sull'altopiano carsico, così ricco di acque sotterranee, l'idrografia superficiale è invece quasi assente. Questo fatto ha costretto gli abitanti dell'altopiano a procurarsi delle riserve d'acqua costruendo stagni, abbeveratoi e cisterne. Molti di questi manufatti si sono poi rapidamente trasformati in oasi naturali ospitanti varie specie acquatiche di piante e animali, costituendo l'espressione della più elevata biodiversità degli ambienti del Carso. Un caso del tutto particolare è costituito dalla Val Rosandra, profondo solco nei calcari eocenici dall'omonimo torrente. In merito alla fauna ricordiamo il gufo reale, che nidifica sulle alte pareti rocciose della valle. Ancora una volta, quindi, il Carso, anche considerando solamente quel breve tratto che è compreso nella provincia di Trieste, continua a meravigliarci per la ricchezza naturalistica dovuta alla presenza di un mosaico di ambienti diversi che ospitano una grande varietà di specie viventi, rendendolo un patrimonio eccezionale e insostituibile.

Il Colle di San Giusto
Il colle di San Giusto domina la città di Trieste. Sulla sua sommità l'ampia piazza della Cattedrale è stata il centro della vita politica, sociale e culturale della città fin dall'epoca protostorica e romana. Molti e importanti i ritrovamenti di edifici romani relativi alla vita civile: la piazza porticata del Foro, di cui restano solo le pietre del selciato tra i due filari di cipressi, e la basilica civile, a pianta rettangolare con colonnato in origine a due piani e con due absidi contrapposte che ospitavano il tribunale a nord e la curia a sud (II secolo d.C.). All'interno del campanile si trovano altri resti romani i quali sono stati riconosciuti come parte di un propileo (80 d.C), edificio colonnato a due avancorpi e gradinata centrale che dava forse accesso al tempio principale dedicato alla triade capitolina. Sulle rovine del tempio venne eretta nel V secolo una basilica paleocristiana, sostituita tra il IX e XII secolo da due chiese parallele, unificate nel XIV secolo nell'attuale Cattedrale dedicata a San Giusto, santo patrono della città.
Sulla destra della Cattedrale si trova la piccola Chiesa di San Michele al Carnale (XIII secolo), accanto alla quale si apre l'entrata al Civico Museo di Storia ed Arte e Orto Lapidario. La piazza e caratterizzata dalla cinquecentesca colonna (1560) che, dal 1844, sorregge il melone e l'alabarda, simboli di Trieste, dalla mole dell'ara della III Armata (1929) e dal possente Monumento ai Caduti della Grande Guerra (A. Selva, 1935).
La città di Trieste ha dedicato ai suoi caduti in guerra anche un'ampia e verdeggiante area sul declivio del colle capitolino, il Parco della Rimembranza. L'area può essere visitata con una passeggiata circolare. Si propone la partenza dalla Piazza della Cattedrale per percorrere il Castello lungo il suo perimetro (via San Giusto, via T. Grossi). Si giunge alla fontana che fa parte della Scalinata dei Giganti (arch. R. e A. Berlam). Alla sua sinistra si apre il Parco della Rimembranza che congiunge lo slargo con la via Capitolina, la quale giunge sulla sommità del colle in cui si erge il Castello di San Giusto, dai cui camminamenti si può godere un meraviglioso panorama di tutta la città.

La Gastronomia
La cucina di Trieste è strettamente legata alla storia della città. Come tutta la cultura, anche la “cultura gastronomica” è il risultato dell'accostamento degli apporti e delle tradizioni delle nazionalità che, dal Settecento in poi, hanno contribuito a formare il tessuto sociale cittadino. Nonostante l'evolvere di Trieste da borgo a grande città imperiale, tutti questi influssi continuano a convivere come differenti anime portanti della gastronomia locale.  Si può distinguere la cucina di mare di origine istriana e veneta e quella dell'entroterra, di origine slava e austro-ungarica.  Si tratta, in entrambi i casi, di cucina tendenzialmente povera, ma che fa della sua essenzialità e semplicità uno dei suoi punti di forza.

La cucina di mare si affida soprattutto alla qualità del pesce e a metodi di cottura semplici che ne esaltano il sapore. Antipasti e risotti di frutti di mare, insalate di molluschi, l'insalata di "granzievola", i rinomati pesci dell'Istria al forno o ai ferri, costituiscono l'attrattiva principale dei ristoranti e delle trattorie che si ritrovano soprattutto lungo le Rive. Un cenno a parte merita il pesce azzurro e in special modo sardelle e sardoni, ai quali la città dedica, in agosto, una sagra durante la quale quintali di sardoni fritti, impanati o “in savor”  vengono degustati nei chioschi in riva al mare.
Ma basta spostarsi di poco e portarsi sulle alture del Carso, a ridosso della costa, per scoprire un mondo culinario completamente diverso. Qui è il regno dei primi piatti: gnocchi di patate, di pane, di susini, pasticci, crespelle, rotoli di patate e spinaci, conditi con sughi corposi di arrosto, goulash e cacciagione.
Sicuramente va assaggiata la jota, una minestra fatta di cappucci acidi, patate e fagioli, dal gusto talmente particolare che o si ama o si odia. L'influenza della dominazione asburgica è in questi piatti evidentissima, e Trieste, terza città dell'Impero, non poteva che unire nei suoi menù piatti ungheresi con quelli cechi, austriaci e slavi, fondendo cibi e sapori dal centro Europa ai Balcani.  Sapori che si ritrovano anche nella pasticceria locale: strudel di mele o ricotta e “palacinke” (crespelle dolci ripiene di confettura o noci) non mancano quasi mai in un menù, il "presnitz" (fusione tra un involucro di pasta sfoglia e un ripieno di frutta secca, cioccolato e liquore) è sempre presente sulle tavole delle feste, mentre le "fave" (morbidi dolcetti di mandorle) e la "pinza" pasquale (soffice dolce lievitato) sono di origine veneta.

Ma un viaggio nella gastronomia triestina non può considerarsi concluso senza aver considerato uno degli emblemi della città: i buffet. Appena entrati si è avvolti dall'odore intenso dei crauti, il naturale accompagnamento a salsicce di Vienna e di cragno, porcina, cotechino, lingue, pancetta: non cìè parte del maiale che non finisca “in caldaia” a sobbollire lentamente in attesa di essere servita fumante con una grattata di kren, la piccante radice di rafano. Ma il re di ogni buffet che si rispetti è il "prosciutto cotto caldo": coscia magra di maiale con osso che viene massaggiata per ammorbidirla e poi cotta lentamente fino a 12 ore per essere poi servita, ancora calda, come ripieno per un panino o come spuntino. Diversi buffet fanno ormai parte della storia e hanno sostituito i caffè quale punto di ritrovo per discutere di affari o di politica. 

Per concludere, uno sguardo ai vini: notevole è l'offerta dei rinomati vini friulani e del Collio, ma un grande lavoro si sta facendo su due vini locali, il Terrano, un rosso vigoroso e aspro ma adattissimo ai piatti della cucina carsica e citato già in epoca romana per le sue qualità, e la Malvasia Istriana, originaria dell'antica Grecia, un bianco poco alcolico e leggermente aromatico, dal gusto asciutto. Recentemente è iniziato un lavoro di selezione sulla Vitovska, un vitigno autoctono con un futuro molto promettente.

Ringraziamo l'Agenzia di Informazione e di Accoglienza Turistica di Trieste per i testi gentilmente concessi e parte delle immagini qui pubblicate. La restante parte delle immagini sono pubblicate per gentile concessione dell'AIAT Friuli venezia Giulia.

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