Prato Castello dell Imperatore Guida alla città di Prato
Prato si trova nell'entroterra della zona più a nord della Toscana, a nord di Firenze ed a sud di Pistoia. Nonostante la storia travagliata, la città è sempre stata fucina di arte e cultura, nonchè di fiorenti attività artigianali e commerciali.
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Storia - Le origini di Prato si collocano in età etrusca, poi assorbite dall'insediamento romano del II secolo a. C. nel Pagus Cornio, in seguito distrutto nella guerra greco-gotica. Sono rimaste tracce della presenza etrusca in tombe a tumulo e nella necropoli vicino alla cittadina. Solo nel X secolo il toponimo Borgo al Conio si riaffaccia nella storia, indicando la comunità verosimilmente longobarda sorta attorno alla pieve di Santo Stefano e confinante con uno spazio aperto occupato da un fortilizio, da cui ne derivò il nome Pratum. Nella seconda metà del secolo XI avvenne la fusione di Borgo al Conio con un altro nucleo d'origine romana sorto attorno al castello degli Alberti di Vernio, ed ecco apparire il Castrum Prati, favorevolmente servito dalla presenza del fiume Bisenzio che consentì il precoce sviluppo manifatturiero. Attorno alla Pieve di Santo Stefano la cittadella crebbe grazie al florido mercato dei panni di lana prodotti dagli artigiani lungo le rive del Bisenzio: per i secoli a venire il filare e il tessere costituirà la principale risorsa di Prato. Fattore non meno importante dell'aggregazione sociale e cittadina fu la presenza in Santo Stefano della Sacra Cintola della Vergine, simbolo religioso importantissimo, capace di fare affluire gente da ogni dove e favorendo iniziative comunali, artistiche e sociali molto rilevanti.Villa Medicea Poggio Caiano (PO)

Durante il XII secolo Prato, in costante crescita demografica ed economica e libera dal dominio dei Conti Alberti, diventa un Comune, dandosi un'adeguata organizzazione amministrativa e curando la propria difesa con la costruzione della cerchia di mura e delle torri di guardia. Dopo un periodo di predominio ghibellino, in cui Prato fu sede del vicariato imperiale della Toscana (1239-1250) e Federico d'Antiochia, figlio di Federico II, fece costruire la fortezza sveva sui resti dell'antico castello, vi fu una breve forma di governo popolare e poi i guelfi ripresero il potere alla morte del grande imperatore. Nel 1292 vengono emessi provvedimenti antimagniatizi (Ordinamenti Sacrati) volti a frenare l'ingerenza dei ricchi negli affari comunali. All'inizio del Trecento sono ravvisabili anche a Prato le contese tra guelfi Bianchi e Neri, ciononostante il commercio, la fabbricazione di panni e la mercatura si sviluppano ulteriormente. La politica estera di Prato è subito caratterizzata dall'ostilità imperitura con Pistoia e dalla conseguente alleanza con Firenze, cosa che permise al Comune pratese di ritagliarsi notevoli spazi d'autonomia sulla propria regione, anche grazie al dinamismo del suo ceto imprenditoriale, battagliero e altamente produttivo. 
Nonostante l'antica alleanza di Prato con Firenze, nel XIV secolo quest'ultima città mirò sempre più ad assicurarsi il dominio sull'alleata, anche perché, con tutto che i traffici e il commercio prosperavano, v'erano pericolose tensioni e lotte civili tra le fazioni locali.

L'ingerenza di Firenze costrinse Prato, tra il 1313 e il 1319, a mettersi prima sotto il protettorato di Roberto d'Angiò, re di Napoli, e poi sotto quello del principe Carlo, che alla sua morte non poté impedire che Firenze tornasse all'attacco, annettendo militarmente Prato (1350). Giovanna di Napoli cedette i diritti su Prato ai Fiorentini, che ne mantennero il controllo pur concedendo al Comune  una certa autonomia politica e amministrativa. Non andò persa la vitalità dei suoi cittadini, che costruirono nuove mura, e nonostante le epidemie che provocarono molti morti (1348) la vita culturale nata dall'intraprendenza economica si arricchì di nomi illustri: dal Cardinale Nicolò Albertini, al teologo francescano Ugo Panziera, ai mercanti-scrittori Francesco di Marco Datini e Lapo Mazzei, testimoni del brio imprenditoriale e intellettuale scaturito da arte e mercanzia.
Se nel XV secolo Prato visse un periodo di crisi per quanto riguardava le attività manifatturiere, la cultura rinascimentale ebbe invece una grande stagione, sfoggiando nomi e opere di Paolo Uccello e Filippo Lippi (cicli pittorici nel Duomo), Donatello e Michelozzo (pulpito esterno della cattedrale), la costruzione della Chiesa delle Carceri etc. La caduta e la cacciata dei Medici da Firenze ebbe come tragica ripercussione per Prato la calata delle truppe spagnole dell'esercito pontificio, che nel 1512 mise ferocemente al sacco la città, provocando morte e distruzione nel loro tentativo di dirigersi a Firenze per ristabilire il potere Mediceo. Solo alla fine del secolo i Pratesi riuscirono a curare quella grande ferita e a ristabilire il giusto corso delle attività economiche.

Il progresso scientifico del Seicento favorisce le iniziative culturali col nascere in Prato di accademie, teatri, collegi, seminari e biblioteche e con l'applicare innovazioni tecnologiche per la filatura e la tintura dei panni. La gestione Medicea lascia il posto al granducato e nel 1653 Prato vede parzialmente soddisfatta la sua ambizione alla dignità diocesana, unendosi come contitolare alla cattedra pistoiese di San Zeno ed elevandosi al rango di vera e propria città. Sembra verificarsi un tracollo economico quando una legge medicea, per proteggere il lanificio di Firenze, impone ai pratesi di produrre panni di basso mercato e di poco reddito ma invece i lanaioli pratesi riconvertono la produzione e trovano nuovi mercati, riuscendo ancora a primeggiare. Nel XVIII secolo la Toscana passa sotto il dominio dei Lorena (1737), cosa che porta a notevoli riforme amministrative e giurisdizionali che giovano a Prato, beneficiata dall'interesse di Pietro Leopoldo che incentiva lo sviluppo economico e riforma le strutture ecclesiastiche dello stato, fallendo in quest'ultima impresa. Le macchine ingenerano un nuovo sistema produttivo, lanciando Prato nei mercati internazionali (tipica la produzione del copricapo orientale fez e la rigenerazione di prodotti tessili allo scopo di ottenere nuovi filati e tessuti). Castello dell'Imperatore
Lo sviluppo industriale e l'introduzione dei telai meccanici porta alla ribalta la questione proletaria anche a Prato, favorendo il sorgere di una classe politica di tipo socialista. Nascono strutture economico-sociali che favoriscono la crescita industriale e la modernizzazione della città (ferrovia Direttissima e nuova stazione ferroviaria del 1934). Durante le due guerre Prato subì molte distruzioni, dalle quali si risollevò col solito dinamismo andando incontro a condizioni di mercato favorevoli che produssero una massiccia immigrazione dalla Toscana e dal resto d'Italia. La produzione tessile si diversificò negli anni Sessanta e Settanta, assecondando le richieste con prodotti sempre più vari e pregiati. Nel 1992 Prato divenne capoluogo di Provincia e importante centro turistico, settore ancora in via di importante sviluppo.

Da vedere in città - Già al primo sguardo Prato incanta il visitatore: è una bellissima città, solcata dal fiume Bisenzio, con chiese e palazzi, case antiche, ampie aree verdi e ben 40 chilometri di piste ciclabili che fanno di Prato una delle città più vivibili d'Italia. Fra i monumenti e le Chiese annovera vere e proprie opere d'arte come la Cattredale di Santo Stefano, Patrono della città, edificata nel suo nucleo originario nel 994 ed ampliata ed arricchita nei secoli, fino ad assumere, nel 1457 l'aspetto odierno; al suo interno si trovano affreschi di Paolo Uccello, Filippo Lippi, dipinti di Giovanni Pisano ed Agnolo Gaddi e vi è custodita la "Sacra Cintola di Maria", la cintura che la Vergine, secondo i testi sacri apocrifi, avrebbe donato a San Tommaso nel momento della sua ascensione e che giunse alla città di Prato nel 1141, portata dal mercante locale Michele. Questi, partito nel 1096 alla volta della Terra Santa (non è chiaro se per partecipare alla guerra o per esercitare semplicemente la mercatura di pellicce), visse a lungo in Oriente, sposò Maria, figlia di un sacerdote di rito orientale, ed ebbe come dote dai genitori di lei il loro più prezioso tesoro, appunto la Sacra Reliquia, tramandata devotamente sin da quando San Tommaso dovette lasciare Gerusalemme per la sua missione apostolica. Ignaro della reale natura dell'oggetto, Michele tornò a Prato, constatando il continuo verificarsi di miracoli e prodigi che lo convinsero della sacralità della Cintola. In punto di morte, nel 1173, l'affidò a Uberto, preposto della pieve di Santo Stefano, affinché la conservasse.

Da allora la Cintola di Maria ha protetto e difeso Prato dagli assalti dei nemici, in particolare dei pistoiesi, giungendo addirittura ad "impedire" di farsi rubare dal canonico della pieve Giovanni di Ser Landetto, che pagò il suo gesto sacrilego con il supplizio e la vita. L'autorità pubblica ordinò la composizione di una laus civitatis, il "Cincturale", che stabilì i termini della leggenda di Michele e fuse la storia della reliquia con la storia politica della città, esaltando grazie a questo tesoro sacro la sua dignità nei confronti di Pistoia e Firenze; ancora oggi, come cinque secoli fa, nelle festività di Natale, Pasqua, 1° maggio e 15 di agosto, oltre che in forma solenne l'8 di settembre, il vescovo mostra il Sacro Cingolo ai fedeli, facendo tre volte il giro del pulpito esterno di Donatello a sinistra della facciata del Duomo.

Allontanandosi dalla piazza del Duomo in via Garibaldi si incontra il Teatro Politeama e poi l'Oratorio della Madonna del Buonconsiglio che conserva la pala d'altare in maiolica del tardo Quattrocento opera di Andrea della Robbia.
In fondo a via Garibaldi si apre l'immensa piazza Mercatale, sin dall'antichità sede di scambi commerciali; una porta nelle mura del XIV secolo, dà accesso al ponte sul Bisenzio; nella piazza si trovano inoltre, tra edifici un tempo fortificati, il palazzo Gini e la chiesa di San Bartolomeo con sculture e dipinti dal XIV al XVII secolo. Pulpito di Donatello, Duomo di Prato

A poca distanza dalla grande piazza si erge l'imponente Castello dell'Imperatore costruito intorno alla metà del 1200, anticamente collegato alle fortificazioni della città dal Cassero, una sorta di "corridoio" coperto, delimitato da due mura e provvisto anche di un camminamento superiore ornato da merli guelfi. A lato del Castello si apre piazza Santa Maria delle Carceri dove si affaccia l'omonima Basilica; proseguendo per via San Bonaventura si giunge in piazza San Francesco dominata dalla Chiesa dedicata al Santo risalente al tardo Duecento con facciata in marmo a due colori e che ospita al proprio interno il monumento funerario di Geminiano Inghirami, attribuito al Rossellino. Imboccando via Rinaldesca che si apre sul lato nord-est della piazza, si incontrano in successione Palazzo Datini e Palazzo Alberti (sede della Galleria Alberti, pinacoteca che conserva opere di grande pregio); giunti sulla via Banchelli, girando a destra si arriva al Collegio Cicognini, eretto come monastero, la struttura ha poi ospitato dal 1676 un Collegio dei Padri Gesuiti e dal 1882 è Convitto Nazionale dove studiarono, fra gli altri, Gabriele D'Annunzio e Tommaso Landolfi; ci si trova ora o poche decina di metri dal circuito esagonale di mura trecentesche che circondano quasi per intero il centro storico e che sono di grande suggestione, meritando una visita. Ricchissimo è anche il patrimonio dei musei della città, dove si possono ammirare opere d'arte sacra, dipinti rinascimentali, del Seicento e del Settecento, opere dell'800, sculture e oggetti delle arti minori: ceramiche settecentesche, armi risorgimentali, costumi dei Gonfalonieri; inoltre nel Museo del Tessuto, unico nel suo genere in Italia, un omaggio alla produzione "regina" della zona: oltre 6.000 campioni di tessuti diversi, antichi e moderni, affiancati da reperti di archeologia industriale del settore.

Enogastronomia - Il territorio della provincia offre spunti per visite naturalistiche ed itinerari enogastronomici, ma anche splendide Ville Medicee, antiche pievi, fiorenti aziende agricole e cantine.  Il territorio produce una buona quantità di uve da cui viene prodotto il noto Vin Santo, vino bianco dolce e aromatico che si accompagna con piccoli biscotti con mandorle, i Cantucci. La cucina è semplice, legata alla terra ed all'agricoltura, con aromi genuini: minestre, crostini con patè di fegato di pollo, legumi.

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