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Zafferano -  Tavola botanica Profumi e sapori d'Abruzzo
Mediterranea negli ingredienti e nei profumi, creativa nella varietà e nella originalità dei piatti e dei prodotti più tipici, la cucina abruzzese è insieme povera e nobile, distillando sapori antichi, di sontuosa semplicità.
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La cucina abruzzese

Mediterranea negli ingredienti e nei profumi, creativa nella varietà e nella originalità dei piatti e dei prodotti più tipici, dalle radici contadine e pastorali della propria tradizione la cucina abruzzese ha saputo trarre la capacità di essere insieme povera e nobile, distillando sapori antichi, di sontuosa semplicità. Accanto ai piatti della propria cucina, l'Abruzzo propone una scelta di prodotti tipici tanto raffinati quanto inconsueti, al pari dei suoi vini ed olii, apprezzati dagli intenditori di tutto il mondo.

I vini

Nessuna regione italiana ha fatto negli ultimi anni progressi altrettanto importanti, in materia di vini, come l’Abruzzo. A testimoniarlo, oltre al crescente interesse che incontrano i vini DOC abruzzesi (bianchi, rossi e rosati) sui mercati di tutta Europa, sono i numerosi premi e riconoscimenti internazionali raccolti negli ultimi anni dai migliori produttori della regione. 

I  vitigni tradizionali dell’Abruzzo sono il Trebbiano d’Abruzzo tra i bianchi, e il Montepulciano d’Abruzzo tra i rossi. Accanto ad essi, più di recente è stato operato il recupero di varietà minori (Passerina, Pecorino, Cococciola). Le zone di produzione più importanti sono ai piedi delle catene montuose, come la valle del Pescara, tra Popoli e il capoluogo, le colline pedemontane di Teramo, Pescara e Chieti, la conca peligna e quella di Ofena. L’elenco dei vini DOC della regione include il rosso Montepulciano d’Abruzzo (che conta anche la tipologia Cerasuolo, rosata), profumato e dal sapore asciutto e robusto, il Trebbiano d’Abruzzo, asciutto e dal delicato profumo, e il Controguerra, nelle sue varie versioni di bianco e di rosso, specifico di una precisa area del Teramano.

L’olio extravergine di oliva

Le inconfondibili sagome degli ulivi sono una presenza consueta tra i dolci paesaggi delle colline delle province di Teramo, Pescara e Chieti. L’olio extravergine DOP prodotto in queste zone (e in particolare a Loreto Aprutino, Campli, Moscufo, Lanciano, Fossacesia e Guardiagrele) regge il confronto con i migliori oli italiani. Una tradizionale preparazione casalinga, diffusissima oggi anche nei ristoranti e che può riservare “piccanti” sorprese agli incauti, è infine l’“olio santo”, un olio di prima spremitura nel quale viene tenuto a macerare del peperoncino.

La pasta

L’Abruzzo ospita una delle capitali mondiali della produzione di pasta. È Fara San Martino, il borgo ai piedi del versante orientale della Majella dove la presenza delle purissime acque della montagna ha favorito fin da tempi remoti l’insediamento di una fiorente industria specializzata, che raggiunge con i suoi notissimi e rinomati prodotti i mercati di tutto il mondo. L’ottimo grano duro delle colline e le limpide acque delle montagne d’Abruzzo fanno sì che la pasta sia un punto di forza della gastronomia regionale. Tra le paste fatte in casa, sono celebri i maccheroni alla chitarra, che devono il loro nome al telaio di legno con sottili fili d’acciaio (la “chitarra”) utilizzato per tagliarli e onnipresente nelle case della regione.

I salumi tipici

La lavorazione del maiale permette la preparazione di ottimi prosciutti di montagna e di una larga varietà di insaccati a iniziare dalle onnipresenti salsicce, con la saporita variante al fegato, che spesso vengono conservate sott’olio o sotto strutto. Tra i più tipici salumi vanno segnalati innanzitutto il salame tipo Aquila (magro e a grana fine, piatto e ben stagionato), il prosciutto affumicato di Introdacqua e Cansano, la saporita mortadella di Campotosto, detta anche “coglioni di mulo”, la morbida ventricina da spalmare sul pane che viene prodotta sulle montagne teramane, e la ventricina vastese, originalissimo salume stagionato di grossa pezzatura, insaporito dal peperone rosso secco tritato, dolce e piccante, e dai semi di finocchio.

I formaggi tipici

Da una regione che per millenni ha basato la sua economia sulla pastorizia è logico aspettarsi un’eccellenza nel campo dei formaggi. L’allevamento più diffuso è infatti quello ovino e da esso deriva l’importantissimo ruolo svolto nella gastronomia regionale dal pecorino (fresco o stagionato) e dalla ricotta di pecora, che è possibile acquistare anche direttamente dai pastori. Tra le varietà locali di questi formaggi si segnala la giuncata delle montagne del Teramano, fresca e profumatissima. Ai piedi del Gran Sasso si può assaggiare il cacio (o pecorino) marcetto. Farindola è il centro della produzione del caprino, da consumare freschissimo. Un misto di latte bovino e ovino viene utilizzato per la produzione della caciotta, a volte insaporita con il peperoncino piccante locale. Con il latte di mucca (a volte misto con quello di capra) sono invece preparate le tradizionali scamorze, da mangiare crude oppure cotte sulla brace o al forno. Sugli altopiani maggiori della Majella, e in particolare nella zona di Rivisondoli e Pescocostanzo, si preparano strepitosi caciocavalli di latte crudo.

I tartufi

L’Abruzzo è uno dei più forti produttori italiani di tartufi: per anni fornitore primario “occulto” di mercati storicamente più affermati (Alba, Norcia), sta oggi affermando la propria identità di terra di produzione d’eccellenza. Le principali zone di raccolta sono la Marsica, il Teramano, l’alto Aquilano e la media Val di Sangro. Oltre che in cucina, il prezioso tubero viene utilizzato nella preparazione di salsicce, oli e formaggi aromatizzati.

Lo zafferano

L’altopiano di Navelli, tra i massicci del Gran Sasso e del Sirente, è il cuore di una delle più interessanti produzioni tradizionali dell’Abruzzo. Ricavato dagli stimmi del Crocus sativus, lasciati interi ed essiccati, lo Zafferano dell’Aquila DOP (prodotto nei comuni di Navelli, Civitaretenga, Caporciano, San Pio delle Camere e Prata d’Ansidonia) è ritenuto unanimemente il migliore del mondo.

Passeggiata a Cavallo

Le carni

Come in tutte le terre a forte tradizione pastorale, la carne ha un ruolo importantissimo nella gastronomia dell’Abruzzo. Molto diffusi sono l’agnello e il castrato (maschio adulto di pecora), cotti sulla brace o al forno. Diffusissimi tra i contadini e i pastori e oggi alla base di gustosi picnic sono gli arrosticini, sottilissimi spiedini di carne ovina cotti sulla carbonella. A base di carne ovina sono anche l’agnello incaporchiato accompagnato da patate arrosto, le trippette di agnello e le matassine o torcinelli, preparate con frattaglie di agnello e pancetta avvolte nella rizza (il grasso delle interiora) e cotte allo spiedo. Tipiche della montagna abruzzese sono anche la capra laureata (un cosciotto particolarmente saporito) e l’ottimo stufato noto come pecora alla cottora nell’Aquilano e pecora alla callara nel Teramano. L’ottima qualità dei pascoli fa sì che siano di ottimo livello anche le carni di manzo, vitello, coniglio e maiale. Tra le specialità tradizionali meritano di essere citate la ‘ndocca ‘ndocca di maiale (che include muso, piedini, costata e cotica), il tacchino alla canzanese e il coniglio ‘mbriache, un ottimo spezzatino al vino bianco. Nella parte meridionale della regione è tradizionale il fegato alla lancianese, preparato in un tegame di coccio e condito con salvia e peperoncino.

Il pesce

Ottimo e sempre fresco, il pesce dell’Adriatico è naturalmente alla base della gastronomia del litorale abruzzese. Nei ristoranti del litorale è ovviamente possibile assaggiare ogni tipo di pesce, cotto in ogni modo. Tipico della regione è però soprattutto il brodetto, una saporita zuppa che può includere frutti di mare (cozze, vongole e altri), scampi, seppie, merluzzo, triglia, scorfano, cefalo, sogliola e palombo, e che viene preparata in modo leggermente diverso nel nord e nel sud del litorale regionale. Nella parte settentrionale della costa abruzzese, il brodetto alla giuliese o alla pescarese vede la cottura dei diversi tipi di pesce con tempi differenziati: ultimi a entrare nella teglia sono le triglie e il merluzzo. Nel brodetto alla vastese, invece, tutti gli ingredienti vengono cotti per lo stesso tempo in un tegame di coccio. In entrambe le ricette sono fondamentali olio d’oliva, pomodoro, aglio e peperoncino. Nella cucina povera della costa, sarde e alici vengono utilizzate per la preparazione di paste e timballi o consumate fritte in padella. Sul litorale chietino gode di antica tradizione lo scapece, una antica e particolare conserva di pesce che viene prima fritto e cosparso di zafferano di Navelli, quindi conservato nell’aceto.

 IL MUSEO DELL'OLIO DI LORETO APRUTINO

Questo bellissimo paese, nel cuore delle colline pescaresi, da oltre due millenni ha legato inscindibilmente la sua storia all’ulivo e all’olio: le più antiche testimonianze locali di produzione olearia risalgono infatti all’epoca romana. Nell’Antiquarium Comunale “Antonio Casamarte”, tra i preziosi reperti esposti di epoca vestina (italico-romana), balzano agli occhi i resti di un torcularium, ovvero di un trapetum oleario di epoca romana, così come descritto da Catone il Censore e da Plinio il Vecchio.

C’è un filo conduttore che lega questo primo trapetum ai quattordici frantoi che oggi sono in funzione nella cittadina: quello di una ininterrotta vocazione prettamente agricola dei loretesi, in particolar modo alla sapiente arte di produrre un eccellente olio extravergine d’oliva. Gli antichi Statuti e Capitula della cittadina hanno ribadito nei secoli l’importanza del ruolo della produzione di olio per la città, riportando notizie sulla franchigia dalle gabelle per quello esportato. Non a caso l’emblema dell’Università di Loreto (l’antica amministrazione locale) mostra due colombe che reggono nel becco un ramoscello di ulivo. Gli stessi loretesi, peraltro, fra loro e dai paesi vicini si definiscono e vengono chiamati culiunde, cioè “sederi unti”, per sottolineare con quello humour corrosivo e autoironico così tipico degli abruzzesi, quanto importante e diffusa fosse la produzione e la specializzazione olearia di questa comunità.

Il Museo dell’Olio è stato allestito nell’ex frantoio Baldini- Palladini, divenuto, grazie a un accurato restauro, allo stesso tempo museo e contenitore di un museo. Il rimontaggio del primo impianto produttivo ottocentesco è stato guidato dal “logo” storico della ditta stessa, che in un elegante tondo in lamiera dipinto a olio riproduceva con orgoglio l’interno del frantoio. La grande macina, miracolosamente conservata in tutti gli elementi, è stata così riposizionata al centro del camerone al pian terreno, mentre per il torchio in legno è stata scelta una posizione di scorcio, non potendo tornare al suo posto originario, nel frattempo occupato dai macchinari di un più moderno torchio idraulico degli inizi del ’900. Accanto al torchio, è stato posizionato il cosiddetto albero di demoltiplica, che consentiva di ottenere dal torchio un’ultima stretta ottimizzando la spremitura. Il percorso della visita, articolato su due livelli, segue il ciclo della produzione dell’olio, partendo dal piano superiore in cui avveniva l’ammasso delle olive; nello spazio adibito a spanditoio si concentra l’esposizione dei pezzi, suddivisi per funzioni, forme, materiali quali le latte, gli orci, le bottiglie, i friscoli.

Sono anche esposti i manifesti e gli altri materiali pubblicitari realizzati in occasione della Fiera di Parigi da un designer d’eccezione che progettò anche i contenitori per l’olio e gli espositori: Francesco Paolo Michetti, amico di Raffaele Baldini-Palladini. Scendendo al piano terra, e passando per il cosiddetto “inferno”, si entra nella macchina produttiva, il frantoio vero e proprio, dove coesistono due cicli produttivi di epoche differenti: al centro quello più antico a trazione animale, composto dalla mola olearia ricostruita utilizzando tutti gli elementi di pietra originali, e dal monumentale torchio in legno a tre viti. Lungo il perimetro sono disposte secondo la collocazione originaria le macchine del frantoio novecentesco oleo-dinamico, uscito dalle fonderie Mari di Lanciano. A fine percorso si entra in un’ultima sala, ricavata nella stalla del palazzo, organizzata per la degustazione dell’olio ma anche come punto vendita e bookshop. Le sale espositive di questo museo fanno parte della storia di una comunità e aiutano a esaltare il valore intrinseco di ogni singolo oggetto. Le vetrine infatti sono state realizzate con luci e cristalli per rendere vetrina stessa gli spessori delle arcate dell’antico locale con soffitto a volte; nella scelta espressiva è stato rispettato così il prezioso dato architettonico originale.

I TESTI E LE IMMAGINI SONO STATI GENTILMENTE CONCESSI PER LA PUBBLICAZIONE DALL' APTR ABRUZZO

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